Questa me l’ha raccontata nientemeno che mio suocero (che sicuramente - e per fortuna - non conosce la mia doppia vita di blogger ignorante). Per me resta un must, anche se in questo caso sono proprio i genovesi a essere vittime dei turisti...
Cena per l’anniversario di matrimonio. Storico ristorante del levante genovese a picco sul mare. Io prendo le trenette al pesto, ma mi accorgo subito che qualcosa non va per il verso giusto. Non sono il tipo che si lamenta e mangio tutto senza avanzare nulla. Però quel pesto non sa proprio di niente... E così quando la padrona del ristorante, che ormai ci conosce da trent’anni, mi chiede se fosse andato tutto bene non resisto e le dico: "In realtà, se devo essere sincero, il pesto non era un gran che. Aveva poco sapore...". Lei mi guarda e allarga le braccia: "Eh, cosa le devo dire: il fatto è che non ci mettiamo più l’aglio e il pecorino. Sa, i turisti, soprattutto i milanesi, si lamentano che l’aglio e il formaggio sono troppo forti. E così adesso lo facciamo senza questi due ingredienti...". Che è come dire: facciamo la bagna càuda senz’aglio perché ha un gusto troppo forte. Ma belin (questo belìn è una mia licenza poetica, ndr) ordina un’altra cosa...
A quest'ora?
Perché è sempre troppo tardi per mangiare qualcosa al ristorante
lunedì 20 gennaio 2014
venerdì 17 gennaio 2014
IL CLIENTE HA SEMPRE TORTO
Questo che vi apprestate a leggere è almeno il terzo post sul gelato che mi trovo a scrivere sul blog. Segno che nei pochi secondi che occorrono per la farcitura di una coppetta o di un cono i nostri concittadini riescono a trovare il tempo per sfoderare tutta la loro simpatia. Insomma per un pranzo o una cena è troppo facile: c'è tempo dalla mezzora alle due ore (non troppo, poi, che bisogna liberare il tavolo, belin) per bacchettare il povero cliente. Col gelato, invece, bisogna essere dei veri maestri, mostrando rapidità e una buona dose di riflessi. E così ecco la disavventura, assai poco comica e piuttosto amara, che ci racconta Manuela Monaco.
Mentre passeggiavo in riva al mare con mio marito in una nota località del ponente ci viene voglia di gelato. Io, che sono la solita viziosa, in cima al cono mi faccio aggiungere anche un po' di panna. Usciamo dalla gelateria e iniziamo a mangiare. Naturalmente inizio proprio dalla panna. Ma mi basta un piccolo assaggio per sentire in bocca un forte gusto di rancido, tipo formaggio andato a male. A quel punto, un po' nauseata, decido di tornare indietro. Mio marito resta fuori dalla gelateria ed entro solo io. Visto che c'è un po' di gente cerco di non fare piazzate e chiamo da parte una delle gelataie e le spiego il problema. Lei però non si scompone, anzi urla verso la sua collega che si trova dall'altra parte del banco e le dice: "Oh senti un po' sta qui che dice che la panna fa schifo". L'altra strabuzza gli occhi, prende un cucchiaino e si dirige verso la macchinetta della panna, per assaggiarla. E secondo lei è buonissima. A quel punto scatta la prova del nove. Arriva anche la prima gelataia, quella che ha chiamato l'amica in soccorso, e fa la stessa cosa. Tutte e due sostengono che non abbia nulla che non vada. E mi lasciano lì. Senza neppure dirmi se avessi voluto - comunque - un altro gelato (da due euro). Mi salutano e continuano a servire i clienti. A quel punto me ne vado e butto il gelato in un cestino dei rifiuti, perché ho quasi vomito da quanto è acida quella panna.
Mentre passeggiavo in riva al mare con mio marito in una nota località del ponente ci viene voglia di gelato. Io, che sono la solita viziosa, in cima al cono mi faccio aggiungere anche un po' di panna. Usciamo dalla gelateria e iniziamo a mangiare. Naturalmente inizio proprio dalla panna. Ma mi basta un piccolo assaggio per sentire in bocca un forte gusto di rancido, tipo formaggio andato a male. A quel punto, un po' nauseata, decido di tornare indietro. Mio marito resta fuori dalla gelateria ed entro solo io. Visto che c'è un po' di gente cerco di non fare piazzate e chiamo da parte una delle gelataie e le spiego il problema. Lei però non si scompone, anzi urla verso la sua collega che si trova dall'altra parte del banco e le dice: "Oh senti un po' sta qui che dice che la panna fa schifo". L'altra strabuzza gli occhi, prende un cucchiaino e si dirige verso la macchinetta della panna, per assaggiarla. E secondo lei è buonissima. A quel punto scatta la prova del nove. Arriva anche la prima gelataia, quella che ha chiamato l'amica in soccorso, e fa la stessa cosa. Tutte e due sostengono che non abbia nulla che non vada. E mi lasciano lì. Senza neppure dirmi se avessi voluto - comunque - un altro gelato (da due euro). Mi salutano e continuano a servire i clienti. A quel punto me ne vado e butto il gelato in un cestino dei rifiuti, perché ho quasi vomito da quanto è acida quella panna.
mercoledì 15 gennaio 2014
NON SIAMO MICA UN FAST FOOD
Rieccolo. Dopo una piccola pausa Lorenzo Dorati torna con un'altra di quelle storie che voi umani (o non residenti in Liguria) non avreste mai potuto immaginare.
Negozio di alimentari in una delle Cinque Terre, dove vendono salumi, formaggi, pane e cose varie. Siccome dobbiamo partire per una piccola scampagnata decidiamo di fare un po' di rifornimento. Entro e mi faccio subito avanti: "Buongiorno, senta, ci potrebbe fare un paio di panini?". Da dietro il banco la risposta è immediata: "Sì, abbiamo il permesso da pochi giorni. Però non è che vi possiamo fare mica dei panini chissà come! Un po' di prosciutto, un po' di mortadella e al massimo una fetta di formaggio... Non siamo mica un fast food!"
martedì 14 gennaio 2014
DU GUST IS MEGL CHE UAN
Ormai sono un catorcio e se non ci foste voi, cari amici, amiche e fedeli lettori, non saprei proprio come aggiornare questo blog (colpa mia che vado a mangiare al ristorante indiano, dove oltre a sorridere e a farmi gli inchini, non me la menano neppure sull'orario). E così ecco una storiella nuova nuova - e pure molto recente - raccontata da Claudio Zuin. Te la qui:
A spasso per la riviera genovese con mia madre (ci troviamo in uno dei Comuni più "in" del levante) decido di approfittare della bella giornata per prendere un gelato. Entriamo in gelateria e appena tocca a noi facciamo la nostra ordinazione. Mia madre sceglie un cono crema e stracciatella. Io invece mi butto sul cono stracciatella e cioccolato. La solerte gelataia, però, si distrae e ne fa due uguali: crema e stracciatella. Le faccio notare l'errore, sfoderando persino un bel sorriso. E lei ha un attimo di smarrimento. Insomma: mettere tre gusti in un cono da due euro e venti non è possibile (pare che la legge lo vieti...). Anzi, facendolo potremmo creare un pericoloso precedente. E allora scatta il genio: la gelataia prende un cucchiaino, raschia via la crema dal mio cono e una volta eliminato il gusto della vergogna, lo sostituisce col cioccolato. Giustizia è stata fatta.
A spasso per la riviera genovese con mia madre (ci troviamo in uno dei Comuni più "in" del levante) decido di approfittare della bella giornata per prendere un gelato. Entriamo in gelateria e appena tocca a noi facciamo la nostra ordinazione. Mia madre sceglie un cono crema e stracciatella. Io invece mi butto sul cono stracciatella e cioccolato. La solerte gelataia, però, si distrae e ne fa due uguali: crema e stracciatella. Le faccio notare l'errore, sfoderando persino un bel sorriso. E lei ha un attimo di smarrimento. Insomma: mettere tre gusti in un cono da due euro e venti non è possibile (pare che la legge lo vieti...). Anzi, facendolo potremmo creare un pericoloso precedente. E allora scatta il genio: la gelataia prende un cucchiaino, raschia via la crema dal mio cono e una volta eliminato il gusto della vergogna, lo sostituisce col cioccolato. Giustizia è stata fatta.
lunedì 13 gennaio 2014
E' UN MOMENTACCIO
Interrompo momentaneamente la saga del buon Lorenzo Dorati (ma non temete, tornerà presto a deliziarci con i suoi racconti di ordinaria follia) e vi sottopongo il contributo di Samuele Ambrosetti, "vecchio" compagno di scuola.
Locale di un elegante quartiere genovese, ora di pranzo. Ci premuniamo di prenotare in anticipo per quattro, ma poi - sacrilegio! - si aggrega un collega. E così ci presentiamo all’ingresso quasi scusandoci: "Buongiorno, siamo XXX, abbiamo prenotato per quattro ma siamo in cinque". Il proprietario non si scompone: "Eh vabbè vorrà dire che vi stringerete, io posto non ce n’ho!". Pochi minuti dopo, una mia collega, seduta insieme a noi, domanda al cameriere delucidazioni sul menù: "Scusi, nelle verdure ripiene, che verdure ci sono?". La risposta è geniale: "Eh, mi fai delle domande... ora poi è un momentaccio".
Locale di un elegante quartiere genovese, ora di pranzo. Ci premuniamo di prenotare in anticipo per quattro, ma poi - sacrilegio! - si aggrega un collega. E così ci presentiamo all’ingresso quasi scusandoci: "Buongiorno, siamo XXX, abbiamo prenotato per quattro ma siamo in cinque". Il proprietario non si scompone: "Eh vabbè vorrà dire che vi stringerete, io posto non ce n’ho!". Pochi minuti dopo, una mia collega, seduta insieme a noi, domanda al cameriere delucidazioni sul menù: "Scusi, nelle verdure ripiene, che verdure ci sono?". La risposta è geniale: "Eh, mi fai delle domande... ora poi è un momentaccio".
sabato 11 gennaio 2014
GLI STRANIERI SI ACCONTENTANO
Ve l'avevo detto o no che Lorenzo aveva avuto un'infanzia
difficile, ritostorativamente parlando? Belin qui ci mette a parte di un'altra
sua disavventura.
Bar ristorante di una delle Cinque Terre (non
specifichiamo quale), mese di maggio. Mi avvicino al bancone per chiedere un
caffè, visto che sono un po' stanco dalla camminata domenicale. Durante
tragitto non incontro un solo italiano e, divertito, lo sottolineo alla barista
che si è subito rivolta a me in inglese: "No, no - le dico - sono
italiano, mi fa un caffè per favore?". Avrei potuto fermarmi lì, ma non
contento continuo: "Certo che in questo periodo ci sono solo stranieri eh?
(e lo dico con la mia cocina ligure che più di Genova-Staglieno non si può). La
replica è geniale: "Ah sì eh, ma magari ci fossero solo stranieri! Loro sì
che si accontentano! O red wine o white wine e basta! Al massimo una birra! Gli
italiani, invece, subito a chiederti: che vino è? da dove viene?
ebbelin....". E io "Eh già... grazie e arrivederci".
giovedì 9 gennaio 2014
NON CHIEDETEMI PIU' NIENTE
E si continua con la "Saga Dorati", nel senso dei contributi che arrivano dal mitico Lorenzo Dorati, che mi ha mandato una sfilza di e-mail a diego@metrodora.net ricche di fantastiche avventure (eddai, belin, mettete mano alla tastiera e sfogatevi):
Siamo in sei, tutti maschietti e tutti affamati e delusi da una mancata partita tra amici. Alle 20, con il morale sotto le suole, decidiamo di ripiegare su una comunissima pizza, in quel posto bello sulle alture di Genova. Ma sì, dai, andiamo lì che hanno pure il forno a legna! La telefonata, però è d'obbligo: "Buonasera - attacco subito - guardi saremmo in sei e verremmo a mangiarci una pizza su. Mezz'ora e siamo lì. Va bene?". Dall'altra parte della cornetta si sente un silenzio raggelante e dopo alcuni istanti arriva la sentenza: "Ah...vabbè, ma siete sicuri? Vabbè, ok vi aspettiamo". A quel punto, vista la premessa, senza troppi fronzoli, ci mettiamo tutti in macchina e partiamo. All'arrivo (alle 20,40), i proprietari della conduzione famigliare ci guardano un po' sgomenti e se ne escono con: "Ragazzi, ma giusto una pizza e via eh?... Fosse venerdì o sabato ci mancherebbe, ma di martedì sera... sapete, sono già quasi le 9...". Noi abbiamo troppa fame (sono quasi le 9 in fondo!), cediamo alle minacce e ordiniamo al volo sei pizze. Pizze molto buone, tra l'altro, e cotte in tempo record, così come in tempo record è stato poi spento il forno. E poi il genio. Dopo averci portato la pizza, il proprietario, lasciandoci una bottiglia di limoncello sul tavolo, ci avvisa: "Ragazzi, la macchina del caffè l'ho spenta e qui c'è il conto. I limoncelli ve li offro io, ma non chiedetemi più niente. Ora mi metto di qua guardare la tv e quando andate via me lo dite che chiudo la porta".
Siamo in sei, tutti maschietti e tutti affamati e delusi da una mancata partita tra amici. Alle 20, con il morale sotto le suole, decidiamo di ripiegare su una comunissima pizza, in quel posto bello sulle alture di Genova. Ma sì, dai, andiamo lì che hanno pure il forno a legna! La telefonata, però è d'obbligo: "Buonasera - attacco subito - guardi saremmo in sei e verremmo a mangiarci una pizza su. Mezz'ora e siamo lì. Va bene?". Dall'altra parte della cornetta si sente un silenzio raggelante e dopo alcuni istanti arriva la sentenza: "Ah...vabbè, ma siete sicuri? Vabbè, ok vi aspettiamo". A quel punto, vista la premessa, senza troppi fronzoli, ci mettiamo tutti in macchina e partiamo. All'arrivo (alle 20,40), i proprietari della conduzione famigliare ci guardano un po' sgomenti e se ne escono con: "Ragazzi, ma giusto una pizza e via eh?... Fosse venerdì o sabato ci mancherebbe, ma di martedì sera... sapete, sono già quasi le 9...". Noi abbiamo troppa fame (sono quasi le 9 in fondo!), cediamo alle minacce e ordiniamo al volo sei pizze. Pizze molto buone, tra l'altro, e cotte in tempo record, così come in tempo record è stato poi spento il forno. E poi il genio. Dopo averci portato la pizza, il proprietario, lasciandoci una bottiglia di limoncello sul tavolo, ci avvisa: "Ragazzi, la macchina del caffè l'ho spenta e qui c'è il conto. I limoncelli ve li offro io, ma non chiedetemi più niente. Ora mi metto di qua guardare la tv e quando andate via me lo dite che chiudo la porta".
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