Arriviamo al rifugio nel pomeriggio del 31 dicembre. Ci sistemiamo e quando scendiamo nel salone, iniziamo a giocare a Monopoli. Un'amica - che ingenua - chiede se è possibile avere un po' di vin brulè. Ma il gestore-barista le risponde "Non ne abbiamo". E poi in un momento di sincerità aggiunge: "A dire il vero non so neppure come si faccia...". Gente di montagna, insomma.
Ci mettono in una stanza da dieci persone tutta per noi (anche perché siamo in nove), ma c'è una doccia soltanto. La vera sorpresa però è l'acqua calda: se la vuoi devi comprare un gettone che costa 2 euro e dura solo tre minuti. Naturalmente i gettoni non funzionano.
Per il pranzo del primo gennaio ci presentiamo verso le 13,30, dopo una bella camminata sulla neve. Capiamo subito che dobbiamo agire d'anticipo per accaparrarci la polenta con la salsiccia, perché non hanno molto sugo. Il prezzo è di 7,50 euro a porzione. Altrimenti c'è la polenta con lo stufato che si paga quasi il doppio, 12 euro. Il gestore però ci rassicura: nove porzioni con la salsiccia ci sono ancora. E così ci sediamo al tavolo. In pochi minuti il "simpatico" ometto porta posate, piatti e bicchieri. E in un secondo momento arriva con due vassoietti di numero (per nove persone!) con sopra un po' di polenta. A quel punto cominciamo ad avere dei sospetti. Aspettiamo ancora un minuto e si presenta con una cuffa di sugo di salsiccia. E poi non si fa più vivo. Le porzioni sono microscopiche: c'è più sugo che polenta e la polenta è anche un po' secca. Alle persone sedute al tavolo davanti, che hanno optato per la versione "stufato", visto che hanno ordinato dopo di noi, invece, arriva un vassoio di polenta ogni due commensali. E c'è qualcuno che la avanza persino. Sono in sei e ne hanno tre. Noi siamo in nove e di vassoi ne abbiamo solo due. Lo facciamo notare con un po' di rammarico al gestore che ci porta i caffè e al cameriere che sparecchia. Ma niente. Durante il "pranzo" (o aperitivo, viste le porzioni), quando abbiamo provato ad agganciare il gestore per chiedergli qualcosa sulle quantità, prima di poter proferire parola siamo stati bloccati con la bellissima frase: "Ragazzi un attimo, che qui avete tutti fame allo stesso momento" (certo, sarebbe più comodo se si mangiasse a scaglioni, tipo dalle 11 alle 15, ma poi si rischierebbe che la cucina fosse chiusa...). Comunque: quando andiamo a pagare gli facciamo notare l'accaduto. Forse, azzardiamo, per errore è stata portata più polenta agli altri che a noi, visto che erano meno e ne avevano di più. Insomma vorremmo solo pagare le porzioni mangiate: quattro o al massimo sei, ma di certo non nove, visto che la quantità era enormemente inferiore. Ma il gestore è inflessibile. Al massimo, dice, ci può fare lo sconto di 50 centesimi ciascuno (come dire: non vi offro manco il caffè anche se ho sbagliato palesemente). E poi uno sconto del genere su un pranzo da ottanta euro e per un gruppo di persone che tra notte al rifugio e cenone gli ha lasciato quasi 800 euro (senza fattura) sa un po' di presa per i fondelli. Noi proviamo, con educazione, a fargli notare ancora una volta l'ingiustizia della situazione: "Ci tocca pagare - diciamo - per una cosa che non abbiamo mangiato". Lui però allarga le braccia, dice che è colpa delle "donne in cucina che avranno fatto senz'altro qualche pasticcio", ma resta del suo parere. Ti faremo tanta bella pubblicità, stai tranquillo.
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