venerdì 27 dicembre 2013

NON NE HO VOGLIA

A Genova siamo cattivi, anche a Natale. E se il 25 e il 26 non ci sono stati aggiornamenti è solo perché siamo pure pigri. Comunque niente paura perché ieri il buon Emanuele Rossi, collega e amico di sventure, mi ha mandato una storia che vale la pena raccontare. Ed eccola qui:

Ristorante-focacceria del centro storico. E' passata da poco l'una e mezza (quindi, belìn, siamo già in un orario molto pericoloso). Entra una famiglia di turisti e guarda con interesse una teglia di farinata ancora mezza piena. E così gli sventurati, ingolositi, vanno al bancone e chiedono quanta ne possano prendere per sfamare tutta la famiglia. Il padrone non si lascia scappare l'occasione e risponde: "Guarda, per me, meno me ne chiedi e meglio è, ché non ne ho voglia di metterne un'altra in forno...".

martedì 24 dicembre 2013

LISCIA, GASATA O POCO FRIZZANTE?

Belin, contributi come se piovesse. E io come promesso cerco di dargli il massimo lustro. A meritarsi il posto d'onore della vigilia di Natale però è Claudio Zuin, amico di vecchia data, uomo di legge e di sani principi. Tanto che se ne va persino in giro in bicicletta, come un novello Indurain. Ecco la sua storia:

Alture del ponente. Sono in bici e piove. E così, bagnato fradicio e infreddolito (chi cazzo me l'ha fatto fare, dico io) appena scorgo una trattoria in lontananza, mi sembra quasi di aver trovato un'oasi nel deserto. Macino ancora qualche pedalata con tutta la forza che mi è rimasta e "parcheggio" il bolide vicino all'ingresso. Prima di andare avanti  però vorrei precisare che nonostante si tratti di una trattoria di campagna, parliamo pur sempre un locale con varie decine di coperti, soprattutto in questo periodo natalizio. E quindi non ci troviamo di fronte a un posto proprio dimenticato da Dio. Vabbè, detto questo mi avvicino al banco e chiedo un caffè e un bicchiere d'acqua. Frizzante, preciso. Non faccio quasi in tempo ad aggiungere quest'ultima parola, però, che la tipa della trattoria tira su la testa e, sconsolata, mi guarda e chiede: "Ma la vuoi tanto o poco frizzante? Sai, perché ce n'ho una già aperta che è poco frizzante (leggi: sgasata, ndr). Altrimenti se proprio la vuoi te ne apro un'altra...". A quel punto decido di non raccogliere la provocazione e tento il tutto per tutto: "Tanto frizzante, grazie", le rispondo. Lei ha quasi un sussulto. Si vede che l'ho colta alla sprovvista. E così, un po' frastornata, lascia la sorella (o cugina o cognata che sia) a fare il conto e si dirige bestemmiando in magazzino. In pochi secondi torna con una bottiglia d'acqua nuova. Frizzante, naturalmente. 



sabato 21 dicembre 2013

BELIN NON PUOI PRETENDERE...

A raccontarci le sue disavventure è ancora una volta il mitico Lorenzo Dorati, a questo punto campione di aneddoti visto che con questo post e quello precedente è a quota due. E voi altri che fate? Vi fate superare così? Eh no belin...

Ristorante della riviera di ponente. Ore 20, sabato sera. Entro con passo timoroso nel locale e mi rivolgo al cameriere: "Buonasera, saremmo in due (l'uso del condizionale è d'obbligo, a mo' di scusa per il danno arrecato), c'è un tavolino, anche più tardi?". E il cameriere: "Si guarda, dammi dieci minuti che mi organizzo". A quel punto però irrompe il proprietario, che da dietro il bancone mi lancia un'occhiata e dice "Eh no eh!!!! Belin non puoi pretendere... ora mi arriva un tavolo da cinque, poi uno da quattro e poi ancora uno da sei. Capisci bene che messi così, cosa possiamo fare?". Io allora reagisco: "No, no, ma guarda mica mi fai un favore...". A quel punto il proprietario capisce che (forse) ha esagerato e mi dice: "No, no ma non ce l'avevo con te, parlavo col mio dipendente!". E io: "Perfetto, saluti e buonasera".

giovedì 19 dicembre 2013

SE ASPETTIAMO ANCHE VOI

Questa me l'ha inviata Lorenzo Dorati, grande amante del dialetto, di Gilberto Govi e della buona cucina. Un amico pieno di risorse, che a quanto mi ha detto sta già preparando una lunga lista di aneddoti. Beccatevelo un po' belin:

Ristorante sulle alture di Genova, domenica estiva, ore 12,30.
- Io: Pronto, sì buongiorno, mi scusi l'ora (non si sa mai....). Sa, saremmo in due, c'è per caso posto? In un quarto d'ora siamo lì.
- Ristorante: Eh, ma alla domenica a quest'ora sa, è un po' difficile, non ci possiamo mica organizzare all'ultimo. E poi siamo qui che stiamo aspettando una comitiva di dieci persone, ma sono già le 12,30 e non si è ancora presentato nessuno, si figuri un po'. Mi rincresce tanto, ma se aspettiamo anche voi... sa com'è...
- Io: Eh, lo so, mi scusi allora. La saluto!

DAL LUNEDI' AL VENERDI'

Sabato mattina. Manca poco al Natale. In centro c’è un sacco di gente in cerca di regali. Verso le 12,30 io e Grazia decidiamo di mangiare qualcosa (prima che sia troppo tardi...) e così ci rifugiamo in una bar-tavola calda per prenderci un piatto di pasta o un secondo. Il servizio è rapido e i camerieri cordiali e sorridenti. I piatti sono buoni e l’atmosfera è rilassata. Insomma tutto bene. O quasi. Quando andiamo alla cassa per pagare, confortata anche dall’adesivo appiccicato sulla vetrina, Grazia butta lì: "Accettate i buoni pasto?". La risposta è da manuale: "Sì, ma solo da lunedì a venerdì, sabato e domenica no. Mi spiace...". E poi, in zona Cesarini: "Siete mica clienti abituali?". No, e non lo diventeremo mai.

mercoledì 18 dicembre 2013

E' UN PECCATO

Non sapete quanto vi voglia bene. Soprattutto perché ormai, la prima cosa che mi dite appena vi incontro è: "Ho una storia per il tuo blog". E non sto facendo dell’ironia, vi voglio bene davvero! Certo, mi fa strano che ogni qual volta (senza esagerare, certo) vi trattino male in un ristorante, in un bar o in una gelateria pensiate al sottoscritto. Però, dai, è divertente. Per esempio Guido Bagni, che è stato persino mio barista di fiducia per un breve tempo della sua vita (un super barista di fiducia, anzi) ieri mi ha inviato un’e-mail per contribuire al blog. Eccola (l’unica cosa che ho eliminato è stata la localizzazione precisa del negozio "incriminato"):


E’ capitato svariati anni or sono, in una delle più rinomate e costose località liguri. Eravamo circa 300 studenti della Facoltà di Architettura per una prova dal vivo dell’esame di Disegno e Rilievo. La prova durava sei ore, dal mattino al pomeriggio. Giunta l’ora di pranzo, essendo, per noi studenti, impraticabili i prezzi dei ristoranti di lusso del posto, ripieghiamo in un negozio di alimentari dove era possibile comprare del pane e degli affettati, per poterci confezionare il nostro pranzo a basso costo. Entro dentro, seguito da una decina di compagni, e mi avvicino al bancone. La proprietaria era una signora sui sessanta, con una cofana di capelli nero corvino tinti, racchiusi in una retina tipo George Clooney in "Fratello, dove sei?" e il trucco alla Moira Orfei. Le chiedo un panino, un etto di cotto e una fetta di formaggio. Lei mi guarda triste, guarda una forma ancora intonsa di formaggio, guarda di nuovo me, poi di nuovo il formaggio e scuote la testa: "Eh, ma così devo aprire la forma.... è un peccato...". Ci siamo accontentati soltanto del prosciutto...

lunedì 16 dicembre 2013

CHE PIZZA

Ed eccoci a un altro contributo (belin, ma allora qualcuno mi ascolta, laggiù). E tanto per cambiare arriva da un altro giornalista, anzi da una giornalista, la collega Elena Nieddu, che ci ricorda come la cortesia ligure si materializzi non soltanto dal vivo (quando, comunque, regala il meglio di sé) ma anche al telefono, dove purtroppo manca quel campionario di smorfie che rende tutto bellissimo. E poi insomma, prima di fare questo mestiere il mio lavoro era proprio quello del portapizze. Una ragione in più per dare spazio a questa storia:

La pizza più veloce del west. Ore 20: “Pronto, buonasera, vorrei ordinare una pizza”. Pizzaiolo: “Ah, prima delle nove e mezza non ce la facciamo”. Quel che si dice slow food...

sabato 14 dicembre 2013

ROBA DA MATTI

Ecco un altro contributo. E anche questa volta arriva da un collega, Daniele Grillo (a dimostrazione del fatto che noi giornalisti siamo una delle vittime preferite dei ristoratori liguri). Ve lo piazzo così come me l'ha scritto, che è perfetto:

Succede, nella vita di chi fa il mio mestiere, di fare davvero tardi. E per tardi intendo anche le due. Se eri di notte e in città è scoppiato l'immancabile casino che scoppia proprio quando di notte ci sei tu può anche succedere. Però il turno è finito, puoi tornare a casa. Insensibile al pessimismo, decidi così che l'aria frizzantina della notte, la città deserta e le luci dei camion della rumenta ti mettono serenità, quasi allegria. Eppure. Eppure te le cerchi, perché ti piace. Ricordi l'ultima estate in un paesino di campagna, un'aria frizzantina analoga e una voglia strana di vivere. Nonostante l'ora, nonostante la stanchezza. E' in quel momento, che te la vai a cercare. E dire che col tuo cuore garrulo te ne andavi verso casa, in sella al tuo scooter. Tranquillo. A quel punto, però, un penetrante e piacevolissimo profumo di pane appena sfornato si affaccia alle tue narici, infilandosi sotto il casco. Sorridi, pensi all'ultima estate e ti fermi. Perché sei stronzo, ripeto. E te le cerchi. Il fornaio fischietta, e la serranda del laboratorio che sta preparando chissà quali delizie per accompagnare la prossima giornata di centinaia di tuoi concittadini è aperta per metà. Ti avvicini col sorriso estivo, ti affacci cercando di non essere troppo rompicoglioni e allarghi ancora un po' il sorriso. "Buonasera (perché è notte ma mica puoi dire buonanotte, parrebbe una presa per il culo...ndr). Ha mica un po' di focaccia?". Perché te la immagini, te la ricordi, quella del fornaio del paesino. Calda fragrante, appena uscita che "stai attento, se no ti bruci". Un euro allungato in nero sulla mano infarinata e via. Quasi la pregusti. "Focaccia? - allarga le braccia il ragazzo dentro la bottega - assolutamente no". Ripieghi il sorriso, fai un passo indietro, richiudi la visiera del casco e ti dici che sei un cretino. E' allora, come in una scena di kill bill, che ti arriva il colpo di grazia, direttamente alla nuca, mentre  fai per andartene. "Ehi Giu, che cazzo voleva (il tono è volutamente stentoreo...ndr) quello?". "Focaccia - gli risponde l'altro - roba da matti".

venerdì 13 dicembre 2013

SPORCA PALETTA!

Bravi, vedo che state iniziando a contribuire. E meno male, perché ultimamente mi stanno trattando bene sia al bar sia al ristorante, purtroppo... Questa me l’ha raccontata stamattina la mia collega Nadia Campini. Come sempre farò finta che mi sia capitata in prima persona.

Nove di sera. Bar-gelateria in pieno centro. Una porta ha la serranda completamente tirata su, l’altra è aperta per tre quarti. Sta per chiudere, ma all’interno c’è ancora luce. Così mi affretto ed entro dalla porta principale. Il proprietario si gira e io gli dico: "Scusi, potrei avere un cono crema e cioccolato?". E lui per tutta risposta: "Mi dispiace, abbiamo già lavato le palette del gelato".

giovedì 12 dicembre 2013

GRADISCI MICA UN BICCHIER D'ACQUA?

Non so se questa valga, però insomma, secondo me è un’altra delle tante "insidie" che possono capitare quando si prende qualcosa fuori. In questo caso una semplice colazione. Senza contare che gli aneddoti ormai sono agli sgoccioli, quindi: mandate mandate e mandate (diego@metrodora.net).

Vado a fare colazione al bar. Ordino un cappuccino e una brioche. Mentre avvicino la tazza piena di schiuma alla bocca il barista, con un bel sorriso sornione, mi chiede: "Hey giovane, gradisci mica un bicchier d’acqua?". E io, lusingato da questo incipit anagrafico, rispondo deglutendo: "Grazie, sì, molto gentile". "Liscia o gasata?" aggiunge lui, sempre più premuroso. "Liscia, grazie", gli dico con un sorriso. Poi bevo e mangio tutto e mi dirigo alla cassa per pagare. Lui, sempre il mitico barista-tuttofare - che nel frattempo aveva dato del "giovane" anche a un ottantenne che si era avvicinato al banco due minuti prima - mi fa il conto: "Allora: hai preso un cappuccino: 1 euro; una brioche: 1 euro e l’acqua liscia 30 centesimi: 2 euro e 30 grazie!". E meno male che non te l’ho chiesta gasata...

mercoledì 11 dicembre 2013

E SE POI MI VIENE UNA TAVOLATA DI GENTE?

Questa è successa a Grazia e la racconterò come se fosse lei a farlo (tanto ero presente).

Anniversario dei genitori. L'idea è di organizzargli una serata speciale: aperitivo, teatro e cena. Ma è proprio l'ultimo punto il vero tasto dolente del programma. Lo spettacolo teatrale infatti inizia troppo presto (alle 20-20,30) e finisce per le undici e, viste le usanze della nostra città, non sarà facile trovare posto. Neppure di sabato sera. E infatti è un calvario. Andare lì direttamente dopo il teatro è troppo rischioso (altro che "a quest'ora?", si rischia di trovare la saracinesca giù). Ma anche prenotare non è semplice ("avete prenotato" è un altro liet motiv ricorrente). Proviamo in qualche posto e nel primo in cui andiamo ci stupiscono per simpatia. "A che ora chiudete?" chiediamo. "Mah, dipende... Fino a quando c'è gente..." rispondono. "Vorremmo prenotare per due persone, mia madre e mio padre, sabato sera dopo lo spettacolo teatrale. Il teatro è qui vicino e in cinque minuti sono da voi. Lo spettacolo finisce per le undici". A quel punto "l'oste" vacilla: "Eh... due persone... - dice con aria pensierosa - Non posso rischiare di tenere aperto solo per loro. Se poi la gente va via alle dieci e mezza, cosa faccio: aspetto mezzora senza nessuno? E se mi viene una tavolata alle undici? Preferisco prendere loro che due persone, soltanto. Facciamo così: quando finisce lo spettacolo digli di fare un salto qui e di vedere se c'è posto o se siamo aperti". Facciamo invece che andiamo da un'altra parte, va'...  

lunedì 9 dicembre 2013

NE E' VALSA LA PENA

Farsi perdonare è importante. Ma anche in questi casi, in fondo, è il pensiero che conta. Mica le cose materiali. Per esempio sempre Alessandro, il mio amico abruzzese, mi ha raccontato un'altra sua avventura nel magico mondo dell'accoglienza ligure, che cade proprio a fagiolo:

Bar pasticceria del centro storico. Ci fermiamo per prendere un caffè. Siamo un po' di fretta e restiamo a l banco. "Ce li fa due espressi, per favore?" dico al padrone. "Certo" risponde lui. E così io attacco a chiacchierare. E anche se sono uno di periodo lungo, dopo più venti minuti comincio a finire gli argomenti. Insomma, mi viene da pensare: vabbè che mi piacciono i prodotti biologici, ma non è che il tipo è andato a prendere il caffè direttamente in Brasile? A parte tutto, guardo l'orologio ed è un po' tardi. E questo gesto, per fortuna, attira l'attenzione del padrone del locale. Si era dimenticato di noi. Così, in fretta e furia, prepara i due caffè e si scusa. "Ce li offrirà, a questo punto" penso ingenuamente. E invece no, con sguardo trionfante, come se la lunga attesa presumesse un premio succulento, ci annuncia: "Avete aspettato tanto ma ne è valsa la pena..". Sul piattino delle tazzine, vicino alla bustina dello zucchero ci sono due, e dico due (cioè una a testa), lingue di gatto. Nel senso del biscotto, sia chiaro.

C'AVEVO APPENA LAVATO

Sabato pomeriggio. Con Grazia facciamo un giro per il centro. E verso le cinque, troppo presto per prenderci un aperitivo, ci sediamo ai tavolini di un bar dei vicoli per bere un caffè. Il locale è quasi vuoto. Aspettiamo pochi minuti e veniamo serviti. Prima di andare via, però, devo fare un salto in bagno, ma quando arrivo davanti alla porta del wc noto una scopa inclinata a sbarrare l'ingresso. Il problema è che se aspetto ancora un po' me la faccio sotto. E quindi entro ugualmente. Insomma: sono le 17 di sabato, non mi sembra l'ora adatta per mettersi a pulire i servizi igienici. Mentre sono dentro però sento bussare e, come si fa in questi casi, dico: "E' occupato". Dall'altra parte della porta, con una voce strascicata e scocciata, mi risponde il padrone del bar: "Belin ma prima di entrare in bagno non hai visto la scopa? C'avevo appena lavato..."

sabato 7 dicembre 2013

CHIUDIAMO PRESTO, ANCHE AD AGOSTO

Allora, innanzitutto grazie agli amici che, ancora prima di dirmi ciao, mi propongono le loro storie di accoglienza ligure. Dico sul serio: datemi una mano, perché le mie le sto finendo (a dimostrazione del fatto che, per fortuna, non va tutto così male da queste parti, dai). Detto questo un altro super grazie va senza dubbio a Primocanale, soprattutto a Nur e Francesca, per le interviste di ieri e oggi (ecco qui il primo link), che hanno dato visibilità alle mie stupidaggini e mi hanno fatto divertire. Spero di aver strappato un mezzo sorriso - se non altro per la mia postura gobba e scomposta di questa mattina - ad almeno un telespettatore.

Fatti tutti i dovuti ringraziamenti eccovi il nuovo post, questa volta suggeritomi dal grande Carlo Besana della Pianacci:

Una sera di metà agosto decidiamo di andare a cena in un ottimo ristorante che si torva in una delle zone più turistiche di Genova. E’ l’occasione per stare insieme a un caro amico che vive fuori città e che vedevo da mesi. Ci vediamo attorno alle 21. Il locale è raffinato, i piatti altrettanto e anche il servizio è sopra la media, con dovizia di descrizione (apprezzata) di quanto andremo a offrire ai nostri palati (insomma, come dice quello che fa Bangee Jumping appena dopo il lancio: fino a qui tutto bene). Dalle 21,45 in poi, però, notiamo un po’ di strana fibrillazione. Si cena chiacchierando, come si fa normalmente e, stranamente, diventano sempre più frequenti i sopralluoghi, sia pure cortesi, del cameriere che vuole verificare se abbiamo finito. A un certo punto respingiamo persino un tentativo, un po’ goffo, di rimuovere un piatto con ancora un po’ di delizie da gustare... Strano, ci viene da pensare, siamo solo noi 4 e non ci sono altri clienti da servire: perché tutta questa fretta? Dessert e caffè vengono serviti alla velocità della luce e non facciamo in tempo a domandare se ci sia anche un liquore, che ci fanno cortesemente capire che dobbiamo andarcene. Il locale, scopriamo, chiuderebbe alle 22,30, nonostante sia il 13 di agosto e si trovi in uno dei contesti più turistici della città.

venerdì 6 dicembre 2013

DEVO ANDARE DAL DOTTORE

C'è una piccola rosticceria a ponente, in cui si spende poco e si mangia bene, soprattutto il pesce. Il posto è minuscolo, con pochi tavoli, tovaglie di carta, bicchieri e piatti di plastica. L'orario per il pranzo è da tirannia, come al solito: dalle 12 alle 14, due ore oltre le quali è sistematico sentirsi ripetere la mitica frase "A quest'ora?". Una giorno di maggio, con un bel sole primaverile, decido di farci un salto insieme a Grazia, ma quando parcheggiamo la macchina ci accorgiamo che, per una volta, è sin troppo presto, almeno per noi. E' mezzogiorno e mezza e visto che abbiamo fatto colazione tardi decidiamo di ingannare il tempo con un rapido aperitivo. Andiamo sul lungomare e ci beviamo uno spumantino. Per l'una e un quarto però ci presentiamo alla porta della rosticceria. Tanto, pensiamo ingenuamente, abbiamo ancora 45 minuti a nostra disposizione... Ci sono due tavoli liberi ed entriamo. "Vorremmo mangiare qualcosa" chiedo subito. Ma la risposta mi spiazza: "Da asporto?". "No dico io, vorremmo sederci". A quel punto il tizio dietro il bancone mi guarda con un misto di dispiacere e compassione. "Eh, mi rincresce - allarga le braccia - ma oggi chiudiamo prima, alle 13,30, perché ho una visita medica". Quindi? "O lo prendete da asporto e ve lo mangiate sulla spiaggia o sarà per la prossima volta". La seconda che hai detto...

giovedì 5 dicembre 2013

BEVI PURE, MA CON PARSIMONIA

Continuano i contributi esterni a questo blog scalcagnato. Questa volta è il mio amico abruzzese - ma genovese per almeno tre anni - Alessandro a regalarmi una piccola gioia. Proprio nel corso dei suoi tre anni nella nostra splendida città il mitico Ale si è trovato, suo malgrado, a fare i conti con la ruvida ospitalità ligure.


Pausa pranzo. Insieme a dei colleghi andiamo a mangiare in una delle tavole calde convenzionate con l'azienda in cui lavoriamo. Ogni dipendente, da contratto, ha diritto a un primo, a un secondo, a una bottiglietta d'acqua da mezzo litro, a un dolce oppure a della frutta e a un un caffè. La signora che gestisce il locale però ha un problema che pare insormontabile: non ha bottigliette d'acqua da mezzo litro, solo grandi e di vetro. A quel punto però scatta il colpo di genio: ci guarda, ci conta e come un piccolo Archimede Pitagorico del mugugno calcola quanti litri d'acqua ci spetterebbero e svuota la bottiglia grande con la quantità in eccesso. Poi soddisfatta ci porta a tavola una bottiglia aperta e mezza piena.

martedì 3 dicembre 2013

SOLO DUE

Ecco altre due storie che mi sono state raccontate, La prima da mio fratello, la seconda da un'amica e collega, Anna. Le ho messe insieme perché hanno una cosa in comune: il numero due. In entrambi i casi ho cercato di immedesimarmi nei protagonisti, facendoli parlare in prima persona.

Sono le tre e mezza di pomeriggio e mi trovo con la mia ragazza sulle alture del ponente. Stiamo cercando l'orto di un contadino e chiediamo qualche informazione in giro. Appena finiamo davanti a una nota trattoria-bar della zona, decidiamo di approfittare per prendere un caffè. Bussiamo, ma sembra chiuso. Non facciamo in tempo a girarci però che il padrone del locale ci viene incontro da una strada laterale. "Avete bisogno di qualcosa?" chiede. E noi, per non fare i maleducati, prima di chiedergli notizie sull'orto, buttiamo lì un: "Ci farebbe due caffè". Lui per un attimo vacilla. Ci guarda un po' stralunato e poi ammette: "Ragazzi, volete solo quello? No, perché dovrei accendere la macchina... insomma, sapete com'è... non so se per due caffè sia il caso...". Vabbè almeno dell'orto saprà qualcosa, in fondo dovrebbe essere qui intorno... "No mi spiace, non so niente. Chiedete in giro". Grazie...

Secondo caso, quello di Anna:

Io e mio marito decidiamo di andare a cena fuori. Siamo in una delle zona più turistiche di Genova. E ci avviciniamo a un ristorante.Vediamo qualche tavolo libero e poniamo la fatidica domanda: "Siamo in due, c'è posto per cenare?". Ed ecco il capolavoro: "Solo in due? - ci chiede il cameriere - Allora non c'è posto, mi spiace. Ci sono rimasti soltanto tavoli più capienti".

NIENTE GIOVANI COMITIVE

Questo è un altro contributo esterno. E me l’ha raccontato mio fratello (belin mandatemi le vostre esperienze a diego@metrodora.net). E’ una storia a lieto fine. Ma per arrivare all’happy end il percorso è stato tortuoso ed esilarante.

Siamo una comitiva di nove amici. E decidiamo di andare a cenare in una trattoria un po’ fuori mano, dove si mangia molto bene. Chiamiamo per prenotare e non sentirci fare la solita domanda a trabocchetto ("Avete prenotato?"). Così telefono e, dell’altra parte della cornetta, la padrona mi conferma che hanno posto. A un certo punto però, un po’ sospettosa chiede: "Ma siete dei ragazzi?". Io ingenuo rispondo: "Sì, perché?". E lei: "Beh allora lasciamo stare perché non è molto gradita la presenza di giovani comitive". Sono incredulo: "Come lasciamo stare? E per quale motivo". La risposta è un po’ spiazzante: "Perché i giovani hanno la tendenza a ubriacarsi e a fare casino. Quindi se siete persone tranquille ok, altrimenti lasciamo stare". "Ma guardi - le dico - che siamo gente tranquilla, non siamo dei bambini". La padrone non è molto convinta: "Vabbè, ma a che ora verreste?". Visto che sono le 20,20 e il posto è sulle alture le dico: "Per le 21,15-21,30 le va bene?". "Ah no - ribatte lei - allora lasciamo proprio stare, oltre le 21 non accettiamo più nessuno". A quel punto, stremato, rilancio: "Allora cerchiamo di arrivare alle 21". Ma lei ne sa una più del diavolo: "No, no, perché poi lo so che arrivate comunque dopo. E se arrivate in ritardo niente da fare!". A quel punto prendo tempo e le dico che preferisco prima consultarmi coi miei amici. Dopo un rapido giro di telefonare decidiamo di riprovare, facendo però telefonare a una ragazza. Parte la chiamata. Risponde la stessa signora e il posto per nove c’è. Ora però bisogna sistemare la questione orario, visto che un po’ di tempo è già passato: "Va bene - prova  a chiedere la nostra amica - se arriviamo per le 21,15-21,30?". E la padrona del ristorante senza batter ciglio le dice: "Sì, sì non c’è problema, fate pure con calma che vi aspettiamo!".

lunedì 2 dicembre 2013

CHIUSO IL VENERDI'

Più che un episodio in particolare ecco una compilation di chicche che ci regala uno storico ristorante del ponente.

Il locale in questione, per anni, aveva come giorno di chiusura il venerdì. Recentemente si è ravveduto, passando al lunedì.
Un sabato di maggio mi presento con Grazia a pranzo, per mangiare un piatto di pesce. Arriviamo lì alle 13,45. C'è ancora gente che pranza, naturalmente. Ma quando adiamo dal padrone a chiedergli un tavolo ci accoglie con la mitica formula che dà il titolo a questo blog: "A quest'ora? - sgrana gli occhi - ormai la cucina è chiusa!". Allungo il collo e vedo che, in effetti, qualcuno sta già pulendo i fornelli... alle 13,45. E se quelli seduti al tavolo avessero voluto il bis?
Ultima genialata: pur essendo vicino al mare, in una zona frequentata da qualche turista (persino straniero) quest'anno il ristorante ha chiuso per ferie fra metà agosto e metà settembre. Che spettacolo.